giovedì 5 gennaio 2012

Le gioie del Bio come bieco espediente autoassolutorio

C'è di nuovo che sto disperatamente tentando di tener fede all'ottimo proposito di cominciare a mangiare un po' meglio, dopo i bagordi festaioli di Natale e Capodanno. Mi aggrappo con i miei patetici pugnetti all'immagine mentale di qualsiasi cosa sia verde, fresco, non congelato, non precotto e predigerito. Oggi correvo come una bimba (o una bimbominkia, fate voi) verso dei bellissimi vasetti di basilico e menta che avevo notato fuori da un negozietto di fruttivendolo. Tipico comportamento che, per altro, fa sempre apparire una ruga profonda di incredulità sulla fronte marmorea del mio collega british, che più di una volta ho sentito mormorare "crazy italian", mentre scuoteva la testa con rassegnazione. E tutto perchè non cedo agli scaffali pieni di patatine ai gusti più incongrui (salame ungherese-cinghiale muschiato-muco alieno) che impazzano nei supermercati di tutta l'isola.

No, no, e ancora no. Perfida Albione, non riuscirai ad impormi la tua passione per i noodles in scatola e per i bottiglioni da due litri di Cherry Coke. E per dimostrarti che faccio sul serio oggi, divorata dai sensi di colpa, mi sono avventurata in quella giungla ricca di insidie, nonchè paradiso del salutista intransigente che qui chiamano Whole Foods. In pratica, il cugino snob oltremanica del nostro Naturasì.

Per le anime buone che ancora non sapessero cos'è un Naturasì, la mia descrizione si limiterà alla fotografia di scaffali e banchi frigo deliziosamente pieni di Muesli Bio, succo di carote Bio, Petti di pollo Bio, Verdurine Bio, Formaggelle Bio. Insomma, Bio. Ma con l'immancabile sòla sotto: quando la cassiera Bio ti batte il conto alla cassa, la prima reazione è la risatina finto noncurante, seguita dalla gocciolina di sudore freddo che scende a bagnarti l'elastico delle mutande. L'ultimo stadio, mentre esci dal supermercato carica di bustoni e con  uno scontrino che potresti usare come foulard (o come nastro da fustigazione) è riflettere su chi è il mandante delle cazzate che fai quotidianamente. Perchè insomma, forse quei 7 euro di pancetta kilometro zero prodotta dal villico dell'agro pontino che ha nutrito manualmente il maiale, bestemmiando come un carrettiere, potevi pure lasciarli dov'erano.

Oggi, però, non si sa bene come, sono riuscita a limitare i danni, a non ridurre me e mio marito sull'orlo della povertà da Whole Foods, e allo stesso tempo a portare a casa due sacchetti pieni di roba fresca e sana. Stasera pensavo a una bella zuppa di piselli e menta e magari qualche fetta di melanzana alla piastra con passata di pomodoro e parmigiano. Sì, le Melizze.

Fatemi cullare su questa nuvoletta di autocompiacimento, almeno finchè stasera Matt non varcherà la porta di casa con un trolley pieno di salumi e formaggi spagnoli, per gentile concessione della zia che vive a Barcellona. Almeno un adulto responsabile in famiglia deve esserci.
Finchè dura fa verdura. Bio.








mercoledì 4 gennaio 2012

Piccola guida cinica al 2012. Affronta il nuovo anno con cazzimma.

Scrivere mi aiuta a riprendere il contatto con la realtà quando sono nervosa e poi avevo già in mente di aggiungere un post che fosse una sorta di mini guida alla sopravvivenza per il 2012. Non strettamente quindi quello che ci si aspetterebbe da un blog che parla di cibo. Ma una delle prime regole che intendo impormi per l'anno a venire è quella di non legarmi necessariamente al tema cibo, sebbene rimarrà ovviamente il motivo centrale del blog di una foodie.

Buon Anno a tutti, per cominciare. Parto subito con il piccolo vademecum, che mi piacerebbe titolare "2012, how to become a perfect B.I.T.C.H (Babe In Total Control of Herself)".

Regola numero uno: smetti di piagnucolare. Se c'è qualcosa che non va, una situazione che non digerisci, che sia un capo simpatico come una verruca su una chiappa, una collega che se ne approfitta, un'amica che vuole sempre il ruolo della protagonista sul palcoscenico di questa farsa che chiamiamo vita... Be', non stare lì a mugugnare. Parla, agisci, fai in modo che le cose cambino. Pensi davvero di non poter trovare un altro lavoro, con un capo migliore di quello che ti è capitato? Abbandona la sindrome della neolaureata, chè alla soglia dei trent'anni è ridicola e non porta da nessuna parte... Smetti di ascoltare chi ti dice che è meglio mandare giù e tenersi stretto il lavoro, perchè sa, signora mia, oggi come oggi è difficile trovarne un altro (signora mia, forse sarà difficile trovarne un altro per lei che ha la terza media e al massimo parla il dialetto dell'Alta Brianza). In Italia è difficile? Se lo stivale ti sta stretto, fai come me, emigra. Non preoccuparti, ormai la pasta la trovi anche nell'ultimo supermercato di Balckpool* e al clima ci si abitua: l'uomo (ma soprattutto la donna) è un animale adattivo.

La collega mammina ti chiede con occhietti da martire autoimmolata sull'altare della famiglia di finire il suo lavoro perchè ha AntonGiulio e AntonCarlo da prendere all'asilo. Anche oggi. Ma allora è un vizio! Impara a dire di no, con vocina flautata e suadente. Sai, sarei deliziata all'idea di rimanere al lavoro fino all'ora di cena per darti una mano, ma ho una gara di bevute di birra con gli amici al pub vicino casa. E prima contavo di andarmi a comprare un paio di stivali di vernice da zoccolaccia. Eccheccivuoifare.

Torniamo per un attimo alla regola numero uno. Se decidi di cambiare lavoro, contratta bene il tuo salario. Prima di avventuarrti al colloquio con un potenziale datore di lavoro con le tue ballerine lucide e la fiducia immensa nel genere umano tipica del fanciullino pascoliano, prova a capire quanto vale sul mercato la tua figura professionale. E una volta che parli con il tuo potenziale boss, alla fatidica domanda "quanto ti aspetti?", rispondi con gli occhioni più innocenti del mondo: "quanto siete disposti a pagare?". E da lì fai partire la trattativa. E ricorda queste parole di saggezza:  in un mercato del lavoro specializzato, dove la domanda è alta e l'offerta scarsa, se le skills richieste sono molto molto specifiche, tu e soltanto tu, mia giovane amica/o hai il coltello dalla parte del manico, tienili finchè è possibile per le palle.

Ultimo ma non ultimo. Va bene essere amanti del cibo. Va bene essere foodblogger. Va bene abboffarsi di specialità gastronomiche durante le feste e spazzolare cotechini e creme al mascarpone come se non esistesse un domani. Sarò magnanima, va bene anche concedersi una bella bruschetta con l'olio al tartufo dei frati e una ricca pasta al forno grondante grassi insaturi durante il week end. Quello che un po' preoccupa è la magnata compulsiva a qualsiasi ora del giorno e della notte, accompagnata da attività fisiche dispendiose in termini calorici, quanto il lancio dei coriandoli o al soffio delle minestrine. Metti via quelle patatine e trascina il culo ad un corso di aerobica-step-cardio-quello-che-ti-pare almeno due volte alla settimana. E ora ti svelo un segreto: quando il tuo partner ti dice che gli piaci così, sta mentendo per quieto vivere. Senza quei tre rotoli de panza che strabordano dall'orlo dei pantaloni gli piaceresti mooooolto di più. E anche tu ti piaceresti di più, ecco.

Sono un mostro senza cuore? Probabile. Ma io di queste semplici regole ne farò un mantra per il 2012 .
Chi mi ama mi segua.

* ridente località a nord dell'Inghilterra (ridente si fa per dire) da me nominata talmente tante volte quest'anno, anche nella locuzione "casalinga di Blackpool" e come sinonimo oltremanica dell'espressione abruzzese "andare a Monculo Battipanni", che come minimo voglio farci un salto, magari in primavera. Oppure no.


























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